lunedì, Dicembre 23, 2024

Vita di Dolores Prato,
la bimba “nata” sotto un tavolino

LE VIE DELLE DONNE MARCHIGIANE - La quarta puntata della rubrica di Cm Junior in collaborazione con l'Osservatorio di Genere, vede come protagonista l'insegnante e scrittrice che ha esordito ultraottantenne con il romanzo "Giù la piazza non c'è nessuno"

vie_donne_marchigianeQuando giri per le strade della tua città fai mai caso ai nomi delle vie? Anche il tuo indirizzo, quasi sicuramente, nasconde una storia. Quella del personaggio a cui è stata intitolata una via o una piazza. Molto spesso si tratta di uomini meritevoli e riconosciuti per fama, professione o gesti. E le donne? Nei nomi di vie e piazze sono una minoranza. Lo hanno notato le componenti dell’Osservatorio di genere di Macerata le quali hanno ideato il progetto “#leviedelledonnemarchigiane”. L’obiettivo è stato quello di recuperare la memoria di donne del passato proposte come meritevoli di intitolazioni di vie e spazi pubblici delle città delle Marche.
Il progetto, nato come un social contest, ha portato, attraverso una votazione, a rintracciare nomi di donne, molto famose o conosciute solo nel loro paese di origine, che si sono distinte. Le loro biografie sono poi state riportate in un volume che si chiama “#leviedelledonnemarchigiane: non solo toponomastica”, pubblicato da ODGEdizioni, curato da Silvia Alessandrini Calisti, Silvia Casilio, Ninfa Contigiani e Claudia Santoni, che ha avuto il patrocinio del Consiglio delle Donne del Comune di Macerata 2015-2020, quello della Commissione per le Pari Opportunità tra Uomo e Donna della Regione Marche e dell’associazione Toponomastica Femminile.
Cm junior, in collaborazione con l’Osservatorio di genere, vi racconta le loro storie. Oggi parleremo di Dolores Prato, insegnante e scrittrice, la cui biografia nel volume è stata curata da Paola Magnarelli.

***
d.prato_«Sono nata sotto un tavolino. Mi ci ero nascosta perché il portone aveva sbattuto, dunque lo zio rientrava. Lo zio aveva detto: “Rimandala a sua madre, non vedi che ci muore in casa?”.
Ambiente non c’era intorno, visi neppure, solo quella voce. Madre, muore, nessun significato, ma rimandala sì, rimandala voleva dire mettila fuori della porta. Rimandala voleva dire mettermi fuori del portone e richiuderlo». Così Dolores Prato racconta nel suo libro “Giù la piazza non c’è nessuno” la sua “nascita”. In realtà si tratta del suo arrivo a Treia nel 1893 (era nata a Roma l’anno precedente) quando la mamma Maria Prato l’affidò a due suoi cugini, don Domenico e Paolina Ciamparoni. Solo molti anni più tardi raccoglierà i ricordi di quel periodo della sua vita e scriverà un manoscritto di mille pagine. Esordirà con questa opera a più di 80 anni (in passato aveva tentato più volte di far prendere in considerazione le sue opere alle case editrici ma senza successo) ma la versione che andrà in stampa sarà fortemente rimaneggiata. Sarà pubblicato per intero solo dopo la sua morte.

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Dolores Prato nel disegno di Eleonora Garbuglia

Nel 1905 fu accolta nell’Educandato della Visitazione delle Salesiane di Treia, dove rimase fino al 1912. Lì conobbe suor Margherita Maria Masi di cui parlerà nel libro Le Ore. In quegli anni lo zio Domenico che lei chiama Zizì per problemi economici e contrasti con le autorità ecclesiastiche, decise di emigrare in Argentina dove morirà.
Nel 1912 Dolores entro nel Magistero di Roma. Prima visse da una sorella della madre e frequentò i fratellastri ma poi preferì sistemarsi in pensionati tenuti da suore. Ebbe tra i suoi insegnanti Luigi Pirandello, Si laureò nel 1919 e divenne insegnante. Insegnò materie letterarie nelle scuole superiori a San Sepolcro (1919-21), a Macerata tra il 1921 e il 1922, poi alla Normale di San Ginesio.
A San Sepolcro conobbe Paolo Toschi , in seguito famoso etnografo e fondatore della rivista Lares e se ne innamorò senza concludere il fidanzamento. A San Ginesio si legò invece di vera e duratura amicizia a uno studente, Luciano Moretti. La sua permanenza nella cittadina fu interrotta perché perse il concorso per l’abilitazione ma incise anche l’ostilità dei fascisti.
Nel 1925 conobbe l’avvocato milanese Domenico Capocaccia, vicino ai comunisti, che dopo la guerra fu giornalista e dirigente di partito, con vaste conoscenze nel mondo dello spettacolo e della cultura. La relazione con lui la spinse a trasferirsi a Milano tra il 1927 e il 1928 per insegnare nell’accademia libera di cultura e arte. IL suo rapporto con Capocaccia fu lungo e tormentato ma lui la introdusse nell’ambiente romano dell’intellettualità di sinistra. E proprio a Roma tornò e nel 1936 dopo un periodo di residenze precarie, si stabilì in via Fracassini, la sua casa definitiva.
Dal 1951 ai primi anni Sessanta convisse con Andrea Gaggero, eroe della Resistenza in Liguria ed ex deportato, oltre  che prete oratoriano poi sospeso. Infine se ne andò per legarsi ad un’altra donna. Scrisse articoli destinati a Paese Sera con cui collaborò dal 1948 grazie all’amicizia di Fausto Coen.
Tra gli anni Sessanta e Settanta la scrittrice si dedicò a recuperare le sue origini. Scrisse mille cartelle su Treia  e la sua infanzia e lo propose alla Einaudi grazie alla mediazione di un’amica. Fu accettato anche se con riserve e affidato a Natalia Ginzburg che lo ridusse a 282 pagine con tagli drastici che lo snaturarono. Uscì nel 1980. Fu Giorgio Zampa a pubblicarlo integralmente, ma solo nel 1997, dopo la morte di Dolores. Proprio mentre stava lavorando alle pagine sull’adolescenza nell’educandato, Dolores cadde e si ruppe un femore. Morì nella clinica Villa dei Pini di Anzio il 13 luglio 1983. Dal 1987 le sue spoglie riposano nel cimitero di Treia e dal 2017 la città le ha dedicato un Centro Studi tra le cui sale è possibile scoprirne la vita, i tormenti, gli scritti. Ogni anno, inoltre, il Comune la omaggia attraverso appuntamenti ed eventi volti a ricordarne la memoria; infine, è stato messo a punto un percorso turistico attraverso i luoghi a cui la scrittrice era legata, alcuni dei quali furono da lei stessa raccontati tra le pagine dei suoi libri.

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Istituito il Centro studi Dolores Prato: “Un premio internazionale nel suo nome”

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