martedì, Aprile 29, 2025

Sensibilizzare su questioni di genere, cinque studentesse sperimentano il guerrilla marketing

Il progetto, realizzato all'Istituto Europeo di Design di Roma, vuole combattere diffusione non consensuale di immagini intime. E' stato attuato con volantini con frasi provocatorie che spingevano ad aprire un qr code per vedere contenuti sensibili: «Molti, sia uomini che donne, hanno deciso di collegarsi, rendendosi così complici»

Le studentesse: Carlotta, Martina, Pamela, Gaia e Clara

di Carlo Torregrossa

Il guerrilla marketing utilizzata per una campagna di sensibilizzazione a favore delle donne. E’ quello che hanno fatto cinque studentesse dell’Istituto Europeo di Design (IED) di Roma: Carlotta Ardu, Martina Martucci, Pamela Marcelli, Gaia Parmigiani e Clara Vella.
Ma che cos’è il guerrilla Marketing? Secondo la definizione, che troviamo all’interno del dizionario Treccani, intendiamo « una espressione, coniata nel lontano 1984, che viene tuttora utilizzata per indicare le strategie ad alto impatto emotivo, e che utilizzano basso budget».

Carlotta, Martina, Pamela, Gaia e Clara hanno realizzato una campagna di sensibilizzazione sul tema della condivisione non consensuale di materiale intimo (meglio noto come revenge porn, termine che abbiamo scelto di non utilizzare perché revenge vuol dire vendetta e alla base non c’è niente di cui vendicarsi. O meglio abbiamo mantenuto il termine solo dove è stato usato direttamente dalle nostre intervistate e dove strettamente necessario). «Abbiamo deciso di affrontare questo tema perché purtroppo una di noi è stata vittima di questo grave abuso – spiega Pamela – Perciò abbiamo scelto subito questa tematica, puntando i riflettori non tanto sulle vittime di queste violenze, ma sul carnefice e su coloro che guardano i contenuti non consensuali diffusi». Hanno quindi diffuso volantini che invitavano, con frasi provocatorie, a inquadrare un Qr code per accedere a contenuti molto delicati. Molti e molte lo hanno fatto.
«Questo fenomeno esiste, soprattutto perché c’è chi guarda questo tipo di contenuti. Non è considerato reato fruire di queste immagini, ma se guardi, tu, sei complice.  Se tu non stessi guardando, questo fenomeno non esisterebbe» sottolineano le studentesse.

Volantino della campagna Sei Complice

Negli ultimi tre anni, le vittime che hanno visto circolare in modo non consensuale le loro immagini sul web (anche tramite gruppi Whatsapp, Facebook e soprattutto Telegram) sono aumentate: «In italia le vittime sono 5 milioni e sono più di 14 milioni le persone che hanno visualizzato, contenuti e materiale pornografico non consensuale» dicono le ragazze del gruppo. La cosa ancora più preoccupante è che «l’84% delle persone che hanno visualizzato questo tipo di contenuti, ha dichiarato che lo farebbe di nuovo. Il motivo è legato al fatto che le vittime che subiscono questo tipo di violenza, vengono viste come oggetti senza identità» aggiungono.

Quali sono i numeri di questo fenomeno?

«Il quadro non è roseo, Negli ultimi 3 anni in Italia le vittime sono state 5 milioni e più di 14 milioni le persone che hanno visualizzato contenuti e materiale pornografico non consensuale. Addirittura l’84% di queste persone ha affermato che lo rifarebbe, perché considera queste foto come fossero oggetti di tutti. Come se le vittime non avessero identità e fossero solamente oggetti sessuali. Dal 2023 al 2024 i casi sono aumentati del 45%
La piattaforma principale per la divulgazione di queste immagini è Telegram, che permette di condividere contenuti a sfondo sessuale sia consensuali che non. Ovviamente la piattaforma non si ritiene responsabile, e anche se i gruppi vengono chiusi, se ne creano dei nuovi.»

Come è nato il vostro progetto?

«Il progetto è nato nell’ambito di un esame universitario, era stato chiesto a tutta la classe di realizzare una campagna di sensibilizzazione su una tematica che ci stava a cuore.
Per questo progetto avevamo totale libertà, e potevamo realizzarlo nel modo che preferiamo. Noi come tematica abbiamo scelto quella che riguardava la diffusione non consensuale di immagini intime, perché una di noi ne è stata vittima. All’interno della nostra campagna di sensibilizzazione non volevamo però parlare alle vittime come si fa di solito, ma volevamo puntare il dito sul carnefice e soprattutto puntare il dito su chi guarda.  La diffusione non consensuale di immagini intime, esiste perché c’è qualcuno che guarda, altrimenti non staremmo qui a parlarne.
Quasi sempre la colpa è data alle vittime. Noi stiamo cercando di portare all’interno dei nostri social dei contenuti che parlano di questo tema siamo dalla parte delle vittime cerchiamo di educare le persone, magari anche mediante un glossario per spiegare alcuni termini che magari sono sconosciuti a molti.
All’interno del nostro sito tramite un form online, anonimo, Abbiamo dato la possibilità alle persone che hanno subito questa violazione di raccontare la propria storia. Spesso è la prima volta che raccontano dell’accaduto e noi ci riteniamo responsabili di condividere questa esperienza traumatica. queste storie possono aiutare chi non è riuscito a denunciare».

Volantino campagna di sensibilizzazione di Sei complice

Come si è sviluppato il vostro progetto?
«Abbiamo stampato dei volantini con un Qr code, nei quali erano scritte delle frasi provocatorie: “Guardate Francesca quanto è stata brava l’altra notte”, “Guardate tutti quella stro… della mia ex nuda!!!”
Il nostro target erano i fruitori di questi contenuti, le persone interessate a questi materiali. Perchè se una persona non è interessata, generalmente non scansionerebbe un Qr code del genere.
Abbiamo poi realizzato questi volantini in modo amatoriale, utilizzando un tono provocatorio perché ci siamo finti degli ex fidanzati vendicativi.
Non ci aspettavamo l’indifferenza, moltissime persone sono passate, hanno letto il foglietto e sono andate oltre, senza fare niente. Moltissimi ragazzi (e ragazze) hanno scansionato il Qr code e pochissime persone soprattutto donne sui 40 anni, hanno strappato questi fogli. questo gesto ce lo saremmo aspettate da  molte più persone, soprattutto ci aspettavamo più solidarietà da parte delle donne».

Solidarietà che non c’è stata quindi?
«Allora, una ragazza che ha vissuto quest’esperienza o che conosce chi l’ha vissuta, la prima cosa che farebbe sarebbe staccare questi volantini. La solidarietà però non c’è stata, la maggior parte se si avvicinava al contenuto era per accertarsi che la persona colpita non fosse lei. Una volta appurato che non erano loro le persone coinvolte se ne andavano, disinteressandosi della questione. Quindi ad essere complici, soprattutto in questo caso, sono state anche molte ragazze.»

Vi aspettavate comunque questi risultati? Quali sono state le vostre reazioni?
«Una volta attaccati questi volantini, ci siamo appostate per vedere le reazioni delle persone. Ci ha fatto molto dispiacere l’indifferenza generale, molti e molte scansionavano il Qr code e ridevano, lo facevano vedere ad un amico oppure passavano oltre indifferenti. Ci ha fatto dispiacere vedere l’indifferenza della gente su un tema così importante.
Negli ultimi giorni, grazie all’attenzione mediatica ci sono state molte scansioni. Ora, sommando sia le scansioni fatte in strada, che quelle online, siamo ad oltre 20 mila».

Dopo questa iniziativa, avete ricevuto dei commenti?
«Alcuni hanno criticato le modalità della campagna. Quello che però ci fa anche un po’ schifo, sono tutti i commenti sessisti e a sfondo sessuale esplicito messi sotto i nostri post. Molti colpevolizzano la vittima, che è una cosa sbagliata a prescindere. addirittura qualcuno ha commentato: “Mi è quasi venuta voglia, di condividere materiale pornografico non consensuale”».

Secondo voi è possibile educare la società riguardo questi temi?
«Noi nel nostro piccolo stiamo cercando di parlare il più possibile del fenomeno, soprattutto perché ad oggi è anche sconosciuto, e spesso non viene considerata una violenza.
La cosa che ci ha fatto più riflettere è che alcune delle storie che abbiamo ascoltato erano di ragazzi e ragazze in età adolescenziale, che hanno subito la diffusione delle loro immagini intime, in maniera non consensuale.
Crediamo quindi che sia fondamentale avere un educazione sessuale anche all’interno delle scuole, perché approcciarsi in modo sano sia alla propria sessualità, sia a quella degli altri è fondamentale per evitare violenze come quella che riguarda la diffusione non consensuale di immagini intime ma anche il femminicidio che è l’espressione massima ed ultima peggiore delle violenze di genere.»

Ma perché diffondere immagini intime senza avere il consenso, non viene considerata una violenza?
«Essendo una forma di violenza puramente online, non viene percepita allo stesso livello di una violenza fisica.
Spesso si pensa che riguardi solamente una questione d’immagine, quando invece può lasciare proprio un segno traumatico alle vittime, che poi possono portarsi dietro per tutto il resto della vita.»

Che precauzioni si possono prendere per tutelarsi da questo fenomeno?
«Noi non vogliamo colpevolizzare nessuna, se le persone si sentono di voler condividere materiale intimo con altre persone (che ritengono) fidate si è chiaramente liberissimi di farlo. l’unica colpa è di chi diffonde questi contenuti.
Ci sono alcune associazione sia italiane che non, che permettono di tracciare e proteggere le foto, una di queste è StopNcii.org, gestito da revenge porn helpline strumento preventivo che impedisce la diffusione di immagini non consensuali su internet, immagini che vengono tracciate.»

Esistono delle realtà a cui posso rivolgermi, se sono vittima di tale fenomeno?
«Chiaramente ci si può rivolgere alla Polizia Postale, per denunciare direttamente alle autorità, c’è il numero anti violenza 1522, il telefono rosa, il movimento femminista Non una di meno, che si batte contro le forme di violenza di genere. In fine abbiamo permesso negato che è un’associazione che offre supporto alle vittima di stalking che hanno subito violenza online.»

Perché secondo voi si parla così poco della diffusione non consensuale di immagini intime?
«Il reato di Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti è stato introdotto nel 2019 (Legge 19 luglio 2019 n. 69 nota come “Codice Rosso”. Sito Carabinieri Ndr.) e sono pochi anni che in Italia è considerata Reato
In Italia manca un’educazione sessuale, ed è tra l’altro uno dei 6 paesi dell’Unione Europea che non prevede questo tipo di insegnamento come obbligatorio all’interno delle scuole.»

Qual’è la percentuale di persone che denunciano?
«La percentuale è molto bassa e chi denuncia spesso non viene ascoltata. Inoltre denunciare è complicato, perché occorrono prove concrete, che spesso sono difficili da recuperare sia per la vittima, che per le forze dell’ordine. Questi contenuti spesso vengono condivisi all’interno di gruppi Telegram, nei quali è difficile accedere senza invito.»

Ma esistono dei libri che possono aiutare ad educare le persone su questo fenomeno?
«Il libro che consigliamo è: Pornografia e revenge porn. La sessualità negata di Alessandro Bassi e Daniela della Puta edito da L’asino D’oro 2024.»

Avete in cantiere altri progetti?
«Abbiamo molti contenuti da pubblicare, per trattare sotto tanti altri punti di vista il tema del Revenge porn, che è un fenomeno che purtroppo si sta ampliando molto, anche attraverso l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale. Una volta trattato questo tema a 360 gradi, continueremo a pubblicare contenuti sempre riguardanti tematiche di genere.»

Ma in che senso il fenomeno della diffusione non consensuale di immagini intime, si sta ampliando con l’Intelligenza artificiale?
«Il fenomeno può assumere diverse forme, oggi tramite l’Intelligenza artificiale  si possono spogliare virtualmente le persone.
CI sono vittime (abbiamo anche testimonianze dirette, di persone che ci hanno raccontato queste cose) che hanno visto il loro volto associato ad un corpo nudo, che, ovviamente, non era il loro. Anche questo però rappresenta una forma di violenza».

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