Un immaginario di meraviglie e paesaggi al centro di innumerevoli storie e leggende prende vita nel primo grande viaggio della vita per i ragazzi del convitto nazionale Giacomo Leopardi di Macerata, che per una settimana hanno studiato e vissuto in Inghilterra. Tra monumenti, condimenti bizzarri e approcci completamente diversi alla scuola, sette giorni indimenticabili raccontati da Alyssia Paccaloni, studentessa di terza media.
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Sorvolando le nuvole verso un sogno
di Alyssia Paccaloni
Primo viaggio da soli, lontani 2.307 chilometri da Macerata, con la nostra valigia e tanta voglia di scoprire. L’adrenalina del decollo lascia spazio ai sogni sopra le nuvole, le cime innevate sono lontane: dall’alto tutto si ridimensiona.
Arrivati a Marchants Hill, il piccolo paesino dell’Inghilterra che ha ospitato il nostro gruppo per una settimana, ci ha accolto un ragazzo alto, con i capelli raccolti in un chignon che gli permettevano di muoversi in libertà.
Dopo averci fatto perlustrare il campus e spiegato in breve tutte le attività che avremmo potuto sperimentare, ci ha consentito di poggiare i nostri bagagli nelle camere. È stato questo l’inizio di un’avventura che per molti di noi ha coinciso con la realizzazione di un sogno. Nonostante la pioggia non ci abbia quasi mai lasciato, posso dire infatti di aver vissuto l’esperienza come dentro una “palla di neve” fatata: tutto era come doveva essere, pure il freddo pungente era un tocco tipicamente inglese che non poteva mancare.
Anche al momento dei pasti nessun incubo: siamo rimasti assolutamente soddisfatti. I cibi erano infatti perlopiù “internazionali”, ma sempre accompagnati da una varietà di salse davvero stravaganti ed insolite.
La sera molto spesso ci riunivamo tutti insieme per attività di ogni tipo, che andavano dalla risoluzione di Quiz di logica, ovviamente in lingua inglese, alla Silent Disco, che consiste nello stare uniti in una grande sala, ognuno con le proprie cuffie dalle quali si ascolta la stessa musica. All’inizio, devo ammetterlo, avevo un po’ di pregiudizi, però si è dimostrato un gioco davvero coinvolgente e sicuramente non mi tirerei indietro se si trattasse di ripeterlo!
Mentre per i giochi serali eravamo sempre all together, la mattina, per i corsi di lingua e per le attrazioni esterne come la Zipline, siamo stati divisi in gruppi omogenei da un punto di vista linguistico, formati cioè da alunni con lo stesso livello di inglese. Per esempio, se di mattina con il proprio gruppo si avevano lezioni, nel pomeriggio sarebbe stata invece seguita una delle molteplici attività outdoor e viceversa.
Le English lessons avevano una durata di circa tre ore e ogni quarantacinque minuti ci concedevano delle pause per poterci riposare in classe o andare a giocare nella palestra, che era comune per tutti i gruppi. È una modalità interessante di fare scuola, l’attività fisica a intervalli regolari aiuta a ricaricare le energie e a concentrarsi meglio.
Non sono mancate le escursioni fuori dal campus: abbiamo avuto l’opportunità di visitare Windsor Castle, antichissima residenza dei Reali inglesi, con la sua impressionante St. George Chapel, dove vengono custoditi i resti di re, regine, principi e principesse della Royal Family. La preziosità degli ornamenti ma anche il contrasto tra luci e ombre, lo strepitio dei colori araldici nel silenzio delle volte, crea sensazioni incredibili, dà una vertigine che fa sentire parte di quella grandiosità medievaleggiante.
A seguire, qualche giorno dopo, abbiamo visitato Londra by foot e nel nostro sightseeing, zigzagando tra le tante attrazioni della capitale, dal Big Ben al London Eye, dai parchi a Westminster Palace, ci siamo soffermati in particolare all’interno del British Museum, famoso per la celeberrima Rosetta Stone, che a scuola abbiamo studiato in abbinamento a Napoleone, considerato, proprio per ritrovamenti come questo, un precursore dell’Egittologia. Quei segni incisi hanno un potere incantatorio enorme, che mi ha ricordato le ossa oracolari alla base della scrittura calligrafica cinese: mi sono immedesimata in Pierre-François Bouchard, l’ufficiale napoleonico che la ritrovò, e in Jean-François Champollion, che riuscì a decifrarla, dando voce e vita ad una lingua morta e ad una civiltà fino ad allora avvolta nelle tenebre dell’incognito. Ho potuto immaginare il tuffo al cuore di entrambi, quando hanno tolto l’ultimo velo di sabbia, l’uno, e di mistero, l’altro, che copriva questa roccia parlante da secoli, come una tenda di teatro che si apre. Un vero spettacolo!
Sicuramente queste due escursioni sono state le esperienze più significative della settimana-studio. Londra mi ha colpito perché essendo io una lettrice, l’avevo potuta “visitare” finora solo attraverso alcuni libri, da Arthur Conan Doyle a Charles Dickens, da Pamela Lyndon Travers a J. K. Rowling: per questo non vedevo l’ora di assaporarla dal vivo, anche solo per qualche ora, per immergermi in quella “geografia del mio immaginario” e verificare nella realtà quanto mi ero figurata. E sono davvero contenta di aver incastonato il tutto nel tempo-scuola di questo anno, con i miei professori e con altri miei compagni del mio stesso istituto, il convitto Giacomo Leopardi.
Arrivato il momento di tornare a casa, sapevo perfettamente che non avrei mai potuto relegare in un cassetto sperduto della memoria le avventure vissute durante il viaggio, e questo articolo ne è una prova. Direi che non si tratta solo di un ricordo meraviglioso della mia adolescenza, ma è già parte della mia crescita, un capitolo importante del mio personale “romanzo di formazione”.
Insomma, una prima bandierina rossa nell’Atlante della vita.
Quale sarà la prossima tappa?