lunedì, Dicembre 23, 2024

Gabbiano intrappolato nel filo da pesca,
papà e figlia lo soccorrono:
«Così l’abbiamo fatto tornare a volare»

ANCONA – Marco Spinsanti ed Evelyn, 7 anni, hanno curato l’uccello, trovato ferito in strada, riportandolo poi nel suo habitat naturale. «E’ stata una bella esperienza, Raccontarla può aiutare a sensibilizzare le persone a voler bene agli animali»

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Evelyn, il papà Marco e il gabbiano in posa

 

di Alberto Bignami

Un gabbiano trovato nella notte tra lunedì e martedì, fermo in mezzo alla strada quasi a chiedere soccorso. E su quella strada si trovava a passare Marco Spinsanti, anconetano amante degli animali come lo sono sua figlia Evelyn e la moglie Morena, mentre era di rientro a casa dopo una giornata di lavoro al porto. Il ritrovamento all’altezza del Fosso Conocchio, nell’area dello scalo. 
«Era mezzanotte – racconta -. Mi trovavo in auto e ho visto quel gabbiano immobile in mezzo alla strada con il rischio di essere investito. Per curiosità, sono sceso e ho notato che continuava a rimanere fermo, in piedi. Ho notato che attorno al becco aveva dei fili da pesca attorcigliati che gli impedivano di aprirlo. L’ho preso in braccio e l’ho portato via per curarlo anche perché probabilmente sarebbe morto di fame».
Arrivato a casa, «sono entrato in camera dove Morena e mia figlia stavano al buio a guardare i cartoni animati dopodiché hanno notato che avevo un gabbiano sottobraccio e si può facilmente immaginare la scena – fa ironicamente -.  A Evelyn ho detto di prendere: il disinfettante, del cotone, delle forbicine piccole e dell’acqua. Lei si è subito prodigata a raccogliere tutto dopodiché siamo andati in bagno a “operare”».
Da dire che Marco Spinsanti è un grande amante degli animali, oltre ad avere la possibilità di tenerli tanto che «a mia figlia, per il compleanno dei 7 anni – racconta – abbiamo regalato dei pulcini che ora sono diventate delle galline e che mia figlia cura perfettamente con grande dedizione tanto da averle rese “domestiche”».

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Il gabbiano durante le operazioni di soccorso

Padre e figlia sono quindi andati in bagno e «mentre lei mi passava gli strumenti – prosegue – io provavo a tagliare il filo da pesca, con non poca difficoltà. Temevo poi che l’amo si potesse trovare in gola e già immaginavo che sarebbe potuta finire male per il gabbiano ma nonostante ciò non abbiamo mollato, non ci siamo arresi. Poi, insieme abbiamo notato che era conficcato nella nuca. Dopo diverso tempo siamo però riusciti a liberarlo da quella trappola e a sfilargli con cura anche l’amo. La notte – racconta – il gabbiano ha dormito da noi, in una delle gabbiette che abbiamo. Ogni ora gli davamo da mangiare con una piccola siringa. Si vedeva che era da tanti giorni che non si cibava perché faceva davvero fatica al punto che il cibo lo abbiamo dovuto diluire con acqua. Al mattino seguente – prosegue – abbiamo notato che stava già molto meglio e lo abbiamo portato nella zona in cui l’avevo trovato: al Fosso Conocchio, nella Zipa del porto. Non l’abbiamo tenuto perché è un animale, come ha detto mia figlia, che deve stare in libertà».
Ovviamente, il ricordo di questa giornata in compagnia dei suoi salvatori, è stato immortalato con un piccolo album di foto ricordo dove si vede il gabbiano in perfetta sintonia con i suoi “salvatori”. Probabilmente quanto fatto da Marco e dalla figlia, con la complicità ovviamente anche della moglie, è un gesto che poteva rimanere anonimo ma che allo stesso tempo può però servire per sensibilizzare le persone ad aver cura per tutti gli esseri viventi, soprattutto se si trovano a soffrire per mano dell’uomo.

 

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Il gabbiano durante le operazioni di soccorso

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Il gabbiano curato e rimesso in libertà

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Il gabbiano curato e rimesso in libertà mentre riprende confidenza con il proprio ambiente

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