lunedì, Dicembre 23, 2024

Vorrei venirti incontro nel tuo mondo
anziché farti diventare
cittadino o cittadina del mio

LETTERA APERTA della professoressa Paola Nicolini ai bambini e alle bambine con autismo

 

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di Paola Nicolini*

Vorrei poter capire quel che ti passa per la testa, quando ti irrigidisci e punti i piedi e non vuoi più camminare.
Vorrei poter sapere cosa ti spaventa, che non vedo e non sento e non so rappresentarmi, restando perciò così lontana fino a che qualcosa che non conosco e non so dunque replicare, ti riporterà nel mio mondo.
Vorrei che qualcuno ci dicesse quali sono i percorsi della tua mente, i cui collegamenti – che sono sicura hanno un senso – non appaiono alla mia logica leggibili e trasparenti.

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Paola Nicolini

Vorrei poter contare su un lessico condiviso, sebbene nuovo, sebbene altro rispetto a quello a cui siamo abituati. Saremmo, almeno alcuni, ben felici di accedere a un codice comune, anche se ci si dovesse impegnare a impararlo.
Mi chiedo perché debba essere solo il tuo lo sforzo di difenderti da un mondo, che evidentemente ti appare indecifrabile, a volte ostile, a volte disorganizzato, perché altra è la tua organizzazione.
Mi duole che sia tu, che già ne hai di pesi posati su fragili spalle, a doverti adattare a quanto ti abbiamo costruito intorno, perché questo ci rassicura e ci fa sembrare più sopportabile la tua condizione.
Vorrei sapermi spaesare un po’ di più, per venirti incontro nel tuo mondo, invece di pretendere di farti diventare cittadino o cittadina del mio, che ha leggi che non riesci a rispettare perché indecifrabili e che non sempre fanno stare bene persino noi, che per lo più le decifriamo.
Vorrei avere la chiave che permette di entrare nel (tuo) mistero e starti accanto in silenzio a osservare.
Vorrei offrirti possibilità altre da quelle che la nostra mente industrializzata, e spesso fuorviata da stili di vita insostenibili, riesce a proporti, cercando di piegarti alle nostre abitudini invece che crearne di nuove.
Come mi piacerebbe sapere cosa fare per vedere quel che vedi, udire quel che senti, cogliere quel che provi. Mentre tu, che per qualche motivo che neanche sai, che non sempre hai scelto, sfuggi al nostro sguardo ed eviti ogni relazione, assorto in una dimensione che a noi appare come parallela.
Penso a un brano di James Hillman, uno psicologo junghiano, che ha scritto “Quando un bambino sta seduto per terra tutto sporco e bagnato con tre bambole in braccio, oppure, in giardino, corre come un forsennato dentro e fuori dai cespugli, è intento al suo lavoro tanto quanto lo siamo noi. Anzi, forse di più. Il gioco è il lavoro dei bambini. Prendere in braccio il piccolo lavoratore e toglierlo dal bagnato, chiamarlo in casa perché si vesta e rimetta tutto in ordine, prima che abbia finito quello che sta facendo, è un’illecita interruzione. Non sarebbe meglio che la nostra obbedienza alla fantasia degli orari, con il suo tipo di realtà, cercasse di accogliere la realtà delle fantasie del bambino?”.
Faccio mio l’appello e lo articolo così, oggi che è la giornata dedicata a far crescere la consapevolezza intorno alla sindrome dell’autismo: non sarebbe meglio che la nostra obbedienza alla fantasia degli orari e dell’organizzazione della vita quotidiana, con il suo tipo di realtà, cercasse di accogliere la realtà delle fantasie delle persone con autismo, aprendo un varco nella possibilità di costruire, in questo dialogo, un diverso mondo possibile?
*Paola Nicolini, Docente di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione – Università di Macerata

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