“Figlie di Eva” è lo spettacolo andato in scena al “Vaccaj” di Tolentino. Come consuetudine l’opera è stata recensita nell’ambito del progetto “Voci dal teatro”, a cui partecipano Claudia Mochi, Marta Antognozzi, Francesca Falconi, Irene Leotta e Alex Guardati.
di Irene Leotta
Mercoledì 15 gennaio è stato messo in scena al Vaccaj di Tolentino lo spettacolo Figlie di E.V.A., scritto da Michela Andreozzi e Vincenzo Alfieri, con Grazia Giardiello, e diretto da Massimiliano Vado. La vicenda verte intorno alle esperienze di Elvira (Michela Andreozzi), Vittoria (Maria Grazia Cucinotta) e Antonia (Vittoria Belvedere), tre donne dalle personalità all’apparenza inconciliabili, ma le cui vite si intersecheranno dando vita ad una storia che oscilla fra surreale e amaro realismo.
Le tre sono legate allo stesso uomo: il politico Nicola Papaleo, la prima è la sua assistente, la seconda la moglie e la terza l’insegnante del figlio, corrotta dal padre per promuovere il giovane non troppo brillante.
Quando Elvira viene incastrata da Papaleo per falso in bilancio, Vittoria scopre in televisione di essere stata rimpiazzata da una modella neo-diciottenne, per di più bionda e Antonia viene colta in flagrante mentre sta passando le soluzioni alle prove di maturità al giovane Papaleo, le tre cercano di evadere drasticamente dalla loro tragica situazione tentando il suicidio. Il fallimentare esito dei loro propositi suicidi le fa ritrovare casualmente all’interno dello stesso ospedale, decidono così di coalizzarsi per eliminare definitivamente la causa della loro rovina: il sindaco Papaleo.
Per farlo si serviranno di Luca Bigozzi (Massimiliano Vado), attore squattrinato ma affascinante, che hanno intenzione di istruire così che alle prossime elezioni possa essere nominato sindaco al posto dell’odiato Papaleo, quale degno coronamento del loro desiderio di vendetta.
Le premesse sono ottime per una commedia che dall’inizio alla fine suscita risate piene, con battute sagaci, ma dal retrogusto amaro, una commedia che sfiora con un approccio sincero e umano la difficile situazione femminile in una società ancora a misura d’uomo, e non di donna.
È la storia di tre donne che crescono nel corso della narrazione e comprendono, con l’evolversi della vicenda, non solo il loro vero valore, ma come questo possa essere arricchito da una sincera collaborazione.
Emblematico l’impianto scenico che mostra all’inizio tre piani distinti (uno per ogni protagonista) ma che nel momento in cui le tre decidono di cooperare diventa un unico piano che le raccoglie tutte, che le lega metaforicamente (e concretamente) l’una all’altra, poiché solo unite possono emanciparsi davvero.
Dicono che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna, forse è il momento che le donne facciano un passo avanti. Insieme.